domenica 27 maggio 2007

Slava

Mstislav si avvicina con passo incerto. Fa fatica è chiaro, si vede. Cammina a stento, tiene una sedia in mano, anzi si può dire che quasi la trascina. Una volta arrivato appoggia la sedia per terra. Con calma. Si ferma un attimo per riprendersi. Si appoggia con le mani sullo schinale. Respira. Poi si volta e si allontana. La gente lo segue con lo sguardo. Poi guardano tutti la sedia. Mstislav si perde tra la folla, ma poi riappare. Questa volta trascina una grande custodia nera. Ha una stringa delle scarpe slacciata, Mstislav. Si siede sulla sedia, la grande custodia nera ora è appoggiata per terra di fianco a lui. Prende un respiro. Si china apre la custodia e ne tira fuori un violoncello di ebano mai visto prima. Prende l’archetto. Richiude la custodia con un piede. La gente si avvicina, da dietro spingono. Si sentono le voci degli altri in lontananza, qualcuno canta, qualcuno ride, qualcuno lancia dei fuochi artificiali. Mstislav si concentra, appoggia il manico sulla spalla sinistra, alza in mento due o tre volte per trovare la posizione più comoda. mano sinistra sui tasti, braccio destro che fa un giro largo per avvicinarsi allo strumento e appoggiare l’archetto alle corde. Immobile con l’archetto sulle corde, Mstislav pensa. Mstislav sogna. Mstislav corre come correrebbe un bambino in un campo di grano alla fine dell'inverno. La gente trattiene il fiato. Poi inizia. Bach. Bach resuscita in questo preciso istante e risorge dalle corde del violoncello suonato da Mstislav “Slava” Rostropovic. Crome si susseguono a ritmo cadenzato, gighe e fughe agitano il braccio destro di Mstislav e le dita della mano sinistra di Mstislav. É un segno di libertà. É un segno di pace. Bach ambasciatore di uguaglianza. L’ undici novembre 1989 il più grande violoncellista dei nostri tempi suonava Bach davanti al muro di Berlino, che stava per essere abbattuto sotto le sue note. Гудби, Slava.

lunedì 7 maggio 2007

Occhi

Se sei fortunato trovi posto in prima fila. Se sei fortunato. Oppure se sei sfortunato. Dipende dai punti di vista. Per qualcuno è il posto migliore che ci sia su un aereo, tanto spazio per distendere le gambe. Per altri è un via vai di gente che ti fa venire il nervoso. Gente che sosta a un metro da te prima di andare in bagno. Gente con uno strano camice che imbastisce banchetti o bancarelle improvvisate. Gente che si spara tutto il corridoio per arrivare in fondo e chiedere «Scusi a che ora arriviamo?» o altre stupidaggini del genere. Una volta mi sono beccato un passeggero entrato nel bagno con la mano sul ventre con un imbarazzo tale da liberare nell’aere qualche germe con spiccata attività anaerobica (oltre che con particolare attitudine alla diffusione) arrivando fino alle prime file. Al che, rivolgendomi verso il mio temporaneo compagno di viaggio dissi «This oughtta be english food. Italian food would smell much better…». Lui – britishman, of course - mi rispose con un sorriso imbarazzato. Comunque. Volevo dire. Se ti capita di stare in prima fila e vuoi passartela un po’. Prova a concentrarti sulle due hostess. In particolare quando sono costrette a sedersi di fronte a te durante il decollo e durante l’atterraggio. Di solito sono una senior e una junior. L’ultima volta le mie amiche di viaggio si chiamavano Ulrike – la senior - e Ana – la junior. Ana aveva i tratti somatici tipo indiani. Molto giovane, forse 20. Con un rossetto rosso fuoco decisamente fuori luogo. Un po’ sfigata, a dirla tutta, con i collant troppo grandi per lei. Ma per questo simpatica. L’altra – Ulrike – aveva l’aspetto teutonico. Occhi azzurri, bruttina, un po’ antipatica – e certo il suo nome non l’aiutava. Sedute di fronte a me la senior parlava alla junior. Ana ascoltava e annuiva. Guardava fuori e annuiva. Incrociava il mio sguardo e guardava fuori. Ulrike parlava come se si stesse rivolgendo allo specchio. Tu scegline una. Fissala negli occhi. Perchemmai dovresti guardare il quadro con la cornetta del telefono sulla parete alle loro spalle, oppure lo scaldavivande nell’angolo opposto, oppure il tastierino con 5 cifre sulla porta di accesso alla cabina di pilotaggio quando puoi divertirti giocando e guardando diritto negli occhi una persona che con ogni probabilità non rivedrai mai più? Di solito il primo incrocio di sguardi passa più o meno liscio. Ma se tu insisti e i suoi occhi sorprendono ancora una volta i tuoi, allora il gioco ha inizio. Nella maggior parte dei casi l’altra persona cercherà di fissare un punto vicino alla tua testa, in modo da dare l’impressione di accettare la sfida anche se in realtà sta solo guardando il finestrino accanto a te, per dire. Per farti capire «Guarda che ti tengo d’occhio…». Si aspetta naturalmente che tu inizi a dedicarti al libro che tieni stretto tra le mani, oppure che tu cada tra le braccia di Morfeo. E invece. Invece fai un giro dell’abitacolo fissi tre o quattro punti decisamente inutili. Guardi l’orologio con il barometro che passa da 1014 – a terra - a 780 – a diecimila metri - millibar e pensi che 230 millibar di differenza di pressione in 15 minuti non sono male. E poi, come un’ ape sul suo fiore preferito, ritorni a posarti su di lei. E allora lei non può fare altro – morsa dalla curiosità – di vedere se la stai guardando ancora. E tre. Se tu avessi pietà, ora potresti anche smetterla. Se lei fosse davvero fortunata, si spegnerebbe il segnale delle cinture allacciate. E se tu fossi veramente sfigato, la hostess inizierebbe a intrattenere conversazione con il tuo vicino di posto.