lunedì 17 novembre 2008

Sospiro

Se n'e’ andata cosi’, in una normale mattina di settembre, con quella consueta discrezione per la quale si è fatta amare molto. Era freddo. Il pavimento era freddo e il suo mento vi era appoggiato. Gli occhi socchiusi, chissa’ a cosa stava pensando. Un sospiro.
Forse pensava a quello che in questi anni aveva fatto. E di cose da raccontare ne avrebbe. Forse pensava alla sua famiglia. Forse non pensava. Forse pensava a me. Un sospiro.


C’è silenzio, in giro. Fuori un alito di vento smuove i rami del grande albero sull’angolo del giardino. Le foglie fanno fru fru e il suo orecchio si muove come una parabola in rotazione per captare meglio il segnale. La sua pupilla si dilata. Ma è solo una foglia che si muove. Non c’è nessuno, in giro. Non c’e ‘ la sua famiglia. Nessuno verra’. Non piu’. Un sospiro.
Sheeba è fuori. Sheeba non sa. O forse si’, l’ha capito. Gli animali hanno una sensibilita’ che gli umani si sognano. Sheeba compagna – forzata – degli ultimi anni, dell’ultimo soggiorno lontano dalla civilta’. Un ambiente piu’ vicino ad una dimensione piu’ umana. Piu’ naturale. Un sospiro.
Lo sguardo di una persona, il mio sguardo da padre, da persona che si prende cura di te. Forse il mio sguardo da amante, ma di un amore non umano. O forse troppo umano. I miei occhi che incrociano i suoi. I nostri occhi parlano, certmente meglio di quello che possa fare la mia bocca. Un sospiro.
La prendo in braccio e sto fermo. Non la accarezzo. Non la muovo. Le faccio soltanto vedere il mondo da un altro punto di vista. Non dico una parola. Non serve. Un sospiro.
Lei si guarda intorno. Curiosa. Io la amo. Poi la appoggio sullo scaffale. Cosi’ puo’ vedede il suo mondo dal suo cielo quanto le pare. Poi, quando si stufa, mi chiama. E io la prendo e, sempre senza dire ne’ fare nulla di piu’ di quello che mi è richiesto, la appoggio per terra, con delicatezza. Un sospiro.
Fa freddo, fuori e dentro. Il pavimento è freddo come queste lacrime, dolci come il miele e sincere come i suoi occhi verdi. Un sospiro.


Mi sono sempre chiesto cosa succede quando l’anima se ne sta per andare. C’è un contributo volontario nel processo? Voglio dire, hai modo di decidere tu quando è il momento? Magari non sei ancora pronto, vorresti assaporare ancora questo silenzio, vorresti ancora respirare questa aria, riempirti i polmoni, metti caso che un po’ d’aria ti possa servire, di la’. E allora dici no, non ancora, fammi restare qui ancora un po’. Magari qualcuno torna, e mi fa ancora una carezza, e mi guarda negli occhi. Magari qualcuno torna e mi ama ancora per un po’. Non chiedo tanto, solo un pochino... Secondo me arriva un punto in cui lasci. Ti lasci andare. Dici ok. Do il consenso, sono d’accordo. E allora vai. Un sospiro.

Ma chissa’ se fa male, chissa’ se è doloroso. Forse fa male da morire, ma non un dolore fisico, una sorta di tristezza, di abbandono, di sconfitta. Un dolore silenzioso. Il cuore che ti si stringe. Oppure è dolce. Magari sei anestetizzato, sei parzialmente assente, sei stordito. E non senti nulla. Non provi nulla. Ed è dolce come una carezza sul suo lungo pelo grigio, morbida come la mano amica che ti ha curato e ti ha nutrito per questi 13 anni. Un sospiro.

Non riesco tolgiermi dalla testa il freddo. Un pensiero che mi tormenta. Fa freddo, ora. Il pavimento è freddo, e lei è fredda. Potrei raccoglierla, e stringerla al mio petto, tra le mia braccia per donarle un po’ di calore, ma resterebbe fredda. Fa impazzire il sapere di non riuscire a scaldarla, a trasmetterle calore. Rimane fredda. E non c’è niente che possa fare. Un sospiro.Chissa’ se mi pensava. Se n’è andata cosi’, da sola, fredda. Un sospiro. L’ultimo.