lunedì 26 marzo 2007

ConcertAir

Prendi Milano, l’Alcatraz e gli unici electronics performers d’oltralpe degni di nota. Il gruppo francese ha iniziato a suonare alle 2115 spaccate, quindi ci siamo persi le prime due canzoni, eh vabbè, pazienza. Le canzoni scorrono così come me le ricordavo da cd. Certo questo tipo di musica mal si presta ad eclatanti virtuosismi dal vivo. Si distingue, comunque, il batterista, represso, costretto a quattroquarti da primo anno di solfeggio. Insomma, il concerto stenta a decollare. Decidiamo per un negroni. Pessimo, decisamente troppo gin, imbevibile. OK, va meglio, il martinigincampari entra in circolo, i piedi iniziano a battere il tempo, gli occhietti iniziano a cogliere i dettagli. Le canzoni sono come da copione, abbastanza prevedibili… poche emozioni. Ma comunque l’atmosfera non è male. Il posto non è male, affianco a me tutti fumano e io non me ne ero neanche accorto… potenza degli impianti di aerazione. Belle le luci blu, rosa, rosse. Ecco, iniziano a darci dentro questi dannati francesi, finalmente un po’ di verve, un finale di canzone tirato…e poi… salutano il pubblico con la manina e si congedano. Dai, non fate i fenomeni, tornate fuori, si sente qualche coretto. E invece... e invece accendono le luci in sala, i tecnici iniziano a smontare l’attrezzatura e gli strumenti mentre gli addetti alla sicurezza avanzano dal palco con il nastro biancorosso da cantiere per fare sgombrare il locale. Da non crederci. Dopo 1 ora e un quarto di concerto, alle 2230 siamo già fuori dall’Alcatraz, in mezzo alla strada, io con ancora il negroni in mano (il secondo, quello che il socio mi ha passato con aria schifata). Disgustorama. Non acquisterò più il nuovo cd degli Air, anzi, me lo faccio masterizzare o peggio ancora lo prenderò alle bancarelle….

giovedì 22 marzo 2007

Iwo Jima

É trascorso un mese buono da quando sono andato a vedere il film di Eastwood, e chissà perché ancora ci penso. Ho sempre provato diffidenza - e lo faccio tutt’ora - verso film americani che trattano della guerra. Non sono affatto un cinefilo, ma forse l’unica eccezione è stata la bellissima pellicola “La sottile linea rossa” di Terrence Malick, nella quale, comunque, risultava ancora evidente il solito difetto dei registi d’oltremare. E invece. Stavolta si parla della disperata difesa giapponese dell’isola di Iwo Jima vista dagli occhi degli sconfitti – e per questo tagliati fuori dalla Storia. Il Generale Tadamichi Kuribayashi, ben consapevole dell’impossibilità di difendere l’isola contro l’imponente flotta statunitense, mostra il lato più umano dei Giapponesi, nonstante sia un abile e lucido stratega. Nel tentativo di mostrare che i sentimenti del soldato americano sono analoghi di quelli del giovane Saigo, forse Eastwood cade nella retorica . Però stupisce comunque vedere la leggerezza con la quale le due guardie stelle e strisce fanno fuori i due disertori nemici, terrorizzati dalla certezza della battaglia ormai persa.
“If our children can live safely for one more day it would be worth the one more day that we defend this island”.
Speriamo in altri film così.