lunedì 17 novembre 2008

Sospiro

Se n'e’ andata cosi’, in una normale mattina di settembre, con quella consueta discrezione per la quale si è fatta amare molto. Era freddo. Il pavimento era freddo e il suo mento vi era appoggiato. Gli occhi socchiusi, chissa’ a cosa stava pensando. Un sospiro.
Forse pensava a quello che in questi anni aveva fatto. E di cose da raccontare ne avrebbe. Forse pensava alla sua famiglia. Forse non pensava. Forse pensava a me. Un sospiro.


C’è silenzio, in giro. Fuori un alito di vento smuove i rami del grande albero sull’angolo del giardino. Le foglie fanno fru fru e il suo orecchio si muove come una parabola in rotazione per captare meglio il segnale. La sua pupilla si dilata. Ma è solo una foglia che si muove. Non c’è nessuno, in giro. Non c’e ‘ la sua famiglia. Nessuno verra’. Non piu’. Un sospiro.
Sheeba è fuori. Sheeba non sa. O forse si’, l’ha capito. Gli animali hanno una sensibilita’ che gli umani si sognano. Sheeba compagna – forzata – degli ultimi anni, dell’ultimo soggiorno lontano dalla civilta’. Un ambiente piu’ vicino ad una dimensione piu’ umana. Piu’ naturale. Un sospiro.
Lo sguardo di una persona, il mio sguardo da padre, da persona che si prende cura di te. Forse il mio sguardo da amante, ma di un amore non umano. O forse troppo umano. I miei occhi che incrociano i suoi. I nostri occhi parlano, certmente meglio di quello che possa fare la mia bocca. Un sospiro.
La prendo in braccio e sto fermo. Non la accarezzo. Non la muovo. Le faccio soltanto vedere il mondo da un altro punto di vista. Non dico una parola. Non serve. Un sospiro.
Lei si guarda intorno. Curiosa. Io la amo. Poi la appoggio sullo scaffale. Cosi’ puo’ vedede il suo mondo dal suo cielo quanto le pare. Poi, quando si stufa, mi chiama. E io la prendo e, sempre senza dire ne’ fare nulla di piu’ di quello che mi è richiesto, la appoggio per terra, con delicatezza. Un sospiro.
Fa freddo, fuori e dentro. Il pavimento è freddo come queste lacrime, dolci come il miele e sincere come i suoi occhi verdi. Un sospiro.


Mi sono sempre chiesto cosa succede quando l’anima se ne sta per andare. C’è un contributo volontario nel processo? Voglio dire, hai modo di decidere tu quando è il momento? Magari non sei ancora pronto, vorresti assaporare ancora questo silenzio, vorresti ancora respirare questa aria, riempirti i polmoni, metti caso che un po’ d’aria ti possa servire, di la’. E allora dici no, non ancora, fammi restare qui ancora un po’. Magari qualcuno torna, e mi fa ancora una carezza, e mi guarda negli occhi. Magari qualcuno torna e mi ama ancora per un po’. Non chiedo tanto, solo un pochino... Secondo me arriva un punto in cui lasci. Ti lasci andare. Dici ok. Do il consenso, sono d’accordo. E allora vai. Un sospiro.

Ma chissa’ se fa male, chissa’ se è doloroso. Forse fa male da morire, ma non un dolore fisico, una sorta di tristezza, di abbandono, di sconfitta. Un dolore silenzioso. Il cuore che ti si stringe. Oppure è dolce. Magari sei anestetizzato, sei parzialmente assente, sei stordito. E non senti nulla. Non provi nulla. Ed è dolce come una carezza sul suo lungo pelo grigio, morbida come la mano amica che ti ha curato e ti ha nutrito per questi 13 anni. Un sospiro.

Non riesco tolgiermi dalla testa il freddo. Un pensiero che mi tormenta. Fa freddo, ora. Il pavimento è freddo, e lei è fredda. Potrei raccoglierla, e stringerla al mio petto, tra le mia braccia per donarle un po’ di calore, ma resterebbe fredda. Fa impazzire il sapere di non riuscire a scaldarla, a trasmetterle calore. Rimane fredda. E non c’è niente che possa fare. Un sospiro.Chissa’ se mi pensava. Se n’è andata cosi’, da sola, fredda. Un sospiro. L’ultimo.

sabato 27 settembre 2008

Sotto il velo

La curiosita' mi ha spinto ad ascoltare con estremo interesse i racconti dell'amico che ho reincontrato ieri sera al barbeque in piscina organizzato da amici comuni. Lui e' una donna in un corpo da uomo. Ha studiato moda a Firenze in Italia e se a questo aggiungiamo che e' saudita al 100%, bhe' allora la storia comincia a farsi interssante. Ultimo di 4 fratelli, tutti maschi, gia' a 16 anni aveva gia' deciso che non avrebbe fatto la fine destinata ai suoi fratelli, ovvero sposato ad una donna scelta dalla famiglia. Il padre, beduino, super musulmano, la madre, egiziana, piu' moderata, ma ovvimente questo, nella tipica tradizione familiare musulmana non ha alcun valore. Ma non e' di lui che voglio parlare, bensi' delle donne, del sesso, del matrimonio, dell'omosessualita', dei travestiti e delle lesbiche in Arabia Saudia, cosi' come raccontate dall'amico.

L'omosessulita' in Arabia e' naturalmente un tabu', che "non esiste". E' ovviamente bollata come deviazione, come comportamento impuro e viene severamente punita dalla Polizia Religiosa. Eppure e' assai piu' diffusa in Arabia Saudita che in qualsiai altro posto. Non c'e' uomo saudita che non abbia avuto esperienze sessuali con un altro uomo, almeno una volta nella vita. Ma perche' questo? I ragazzi e le ragazze, fin da bambini, vengono tenuti a distanza gli uni dagli altri. Le scuole sono divise per sesso e in pratica gli uomini e le donne non vengono a contatto se non al momento del matrimonio. Dato che all'adoloscente saudita come a qualsiasi altro ragazzo del pianeta, inizia a "tirargli" bellamente a quell'eta', risuta nauturale condividere questo bisogno fisiologico con i propri amici.
Questo e' il modo per i ragazzi per conoscere il proprio corpo. Probabilmente lo stesso principio vale per le ragazze, sebbene le infomazioni sull'amore saffico siano scarse, according to my friend.
Il problema e' che anche dopo il matrimonio, a molti mariti resta il ricordo dell'esperienza omo e dunque non e' raro che, sebbene sposati e con figli, l'attivita' omossessuale continui parallelamente al quello che viene definito "obbligo matrimoniale" (o "duty to the Party", per usare una espressione orwelliana), ovviamente per la gioia della moglie che sa ma che deve sopportare.
Il matrimonio nelle regioni beduine: il givane saudita ad un certo punto puo’ trovarsi nella condizione di preferire una ragazza piuttosto che un’altra (si tratta di una mezza scelta, in realta’, dato che avviene “ad occhi chiusi” - nel vero senso della parola: lei e’ sempre coperta e non si puo’ fare vedere. A questo punto la famiglia di lui valuta la convenienza dell’affare, controlla la disponibilita’ economica e la reputazione della famiglia di lei eccetera. Poi la madre di lui ha un incontro con la ragazza in privato. Solo lei puo’ vedere scoperta la potenziale futura nuora. Fianchi e seno in particolare sono ispezionati e valutati. Se alla fine il padre di lui da il go-ahead, la donna viene “acquista” (il mio amico parlava di una cifra sui 10.000 Euri). Ah, dimenticavo di dire che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di cugine o comunque di famiglie legate da una parentela.
Ovviamente in questo processo la futura sposa non ha alcuna voce in capitolo...
E pur tuttavia per una donna essere scelta da un uomo è un momento di felicita’, poiche’ significa famiglia e figli (...e l’amore? Un lusso per poche).
Ma ora viene il bello. Una volta sposati, la donna non puo’ manifestare la propria intenzione di andare nella casa del marito, perche’ altrimenti viene giudicata come donna di poco valore interessata solo al sesso (sic!). Quindi lei rimane a casa della sua famiglia.
Allora inizia il gioco delle parti: lei deve fare credere di non volere andare a casa di lui poiche’, essendo “pura”, DEVE temere l’uomo. Spesso sono organizzate scene da film nelle quali la donna finge si scappare dalla casa dei genitori per evitare di dovere andare dal marito. Allora la famiglia di lui DEVE effettuare vere e proprie spedizioni a casa della moglie, la “rapina” e la porta nella sua nuova casa. E tutti vissero felici e contenti.

Nelle famiglie piu’ estremiste, la moglie rimane coperta anche agli occhi del marito. La situazione piu’ paradossale il mio amico l’ha raccontata rappresentando una situazione reale. Si tratta di una famiglia sposata da 7 anni e con figli. Lui non ha mai visto in faccia lei. I figli li hanno fatti al buio. Un bel giorno il marito torna a casa in un orario inconsueto. La moglie sta sbrigando le faccende domestiche e, dato che fa caldo, si è tolta il velo e ha volto e capelli scoperti. Entrando in casa lui soprende lei scoperta e, vedendola per la prima volta in volto, deve aver pensato “ammazza quanto sei brutta!” e allora decide di divorziare. Nulla di piu’ facile. Lui ora è sposato ad un’altra donna e lei ha perso tutto. Chi vuoi che si prenda una donna “usata”?
Le donne allontanate dal proprio marito difficilmente vengono scelte da un altro uomo. Il trucco pero’ è ricorrere alla chirurgia estetica e.. et voila’, ritorni come nuova...

In Iran essere un omosessuale comporta la pena di morte. Pero’ se ti fai l’operazione, diventi donna, e ti prostituisci allora è ok. Infatti è considerato normale per una “donna” non abile a produrre figli, di essere oggetto di puro piacere.


Listening to: The New Amsterdams - "At The Foot Of My Rival- Reissue" (2008)

martedì 16 settembre 2008

Calma.

La verita' e' che voglio tutto e subito. E male, aggiungerei. Sono schiavo, anzi promotore, del superfluo, dell'economico, del globalizzato. Preferisco la mediocrita' ora che l'eccellenza dopo, illudendomi di ottenere il massimo subito, ma chiaro che bleffo su me stesso. Sono assuefatto dall' email. Un drogato dell'"invia e ricevi". Non fa in tempo ad arrivarmi un messaggio che gia' attendo con impazienza il successivo. In macchina ho sempre il cd inserito, passo da una traccia all'altra, e appena riconosco la canzone clicco su "next track". Una frenesia per il nuovo. Vado al corso di arabo ma non mi impegno molto. Studio assai poco a casa. Spero che le parole mi entrino in testa a forza di ascoltarle, ma putroppo non e' cosi'. Arrivo dove arrivano gli altri, ma con i miei tempi. Il minimo risultato con il minimo sforzo. A cena inghiottisco il frugale pasto che mi preparo, visto che devo correre a cambiare traccia del Media Monkey, e vedere se qualcuno mi ha scritto una email, addirittura controllo la posta del lavoro per godere nel vedere il titolo della mail in grassetto, qualsiasi cosa dica. E perdo, chiaro, il piacere degli attimi, degli istanti. Il piacere di fare, per un giorno, qualcosa di diverso. Per esempio non accendere il pc appena rientro a casa. Oppure percorrere un'altra strada tornando dall'ufficio. Intellettualmente pigro? Si' forse. Sentimentalmente irrequito? Hai voglia! Freneticamente pasticcione? Eccome.

martedì 12 agosto 2008

Bukowski powieść

Il matrimonio di Fabio e' andato alla grande. Occasioni come questa hanno del surreale: ti trovi in luoghi sperduti che con ogni probabilita' non vedrai mai piu', conosci un sacco di gente nuova ma ritrovi anche persone che non vedevi da tanto tempo e ti sorpredi a rivederli in luoghi cosi' lontani dai soliti.
Il luogo carinissimo, una tranquillissima cittadella sperduta nelle colline del sud della Polonia. Un luogo di riposo con tante case di cura, zona di villeggiatura per anziani, centri massaggi, passeggiate nei boschi. Certo per arrivarci ho dovuto fare un giro dell'oca, prima a Londra e poi con Ryanair fino all'aeroporto di Wroclaw, e poi un'ora di auto a noleggio per pessime stradine di campagna.Come spesso accade la cosa piu' affascinante e' stato il viaggio per raggiungere la destinazione. La cerimonia e' stata celebrata meta' in tedesco e meta' in polacco.
Alle 17.00, appena entrati nel teatro appositamente adibito per la cena noto subito che sui tavoli affianco alle bottiglie di vino ci sono bottiglie trasparenti come il contenuto, e chiaramente non si parla di acqua ma di vodka secca. Era secca, Gesu' se era secca. Ma andava giu' che era un piacere. Pure troppo. Cazzo ha fatto effetto troppo presto. E alla fine vaffanculo mi sono giocato la seconda parte della festa perche' ero ubriaco come un vitello, meno male che almeno sono riuscito a non dare troppo nell'occhio (ergo: non ho sboccato sul vestito della sposa....), ma mi sono riunchiuso nel cesso e mi sono addormentato praticamente abbracciato alla tazza, come nelle migliori tradizioni... E dire che all'inzio facevo il puritano, declinando gentilmente gli inviti alla celebrazione dei giovani autoctoni che, loro si', davvero bevono vodka come se fosse acqua (in effetti la vodka, che pare abbia avuto origine in Polonia, significa "piccola acqua"). Ma poi mi sono detto eccheccazzo, non si puo' continuare cosi', e' il matrimonio di Fabio, che diamine. Ma la piccola acqua e' proprio un peste, sembra che ti ignori ma da un momento all'altro ti prende e non ti molla piu'. Pero' si vede che era acqua di qualita', dal momento che ricordo perfettamente tutto e per di piu' non ho nemmeno avuto il mal di testa il giorno successivo, pensa ero fresco come una rosa. Ricordo, dunque, tutto me stesso seduto su una panchina appena fuori dal luogo delle celebrazioni, orami buio, io con uno sguardo da ebete e che elargivo sorrisi a destra e a manca compiaciuto del semplice fatto di essere al mondo.
Infine il mio divertimento, direi anzi il valore aggiunto della serata, viene sacrificato nel nome del signor Absolut o di chi per lui, ma porca puzzola. Dopo un brusco risveglio, io con tanto di bava alla bocca, ma sempre composto nel mio vestito blu - solo il nodo della cravatta leggermente allentato, io abbracciato alla tazza, dicevo, dopo il risveglio dovuto all'irruzione di gente nella mia personalissima camera da letto, gente che probabilmente aveva scambiato la mia camera da letto in un cesso - ma ti pare?! - ebbene dopo tutto cio' venivo preso di peso e allontanato come un calciatore infortunato che lascia il campo da gioco a sostenuto dal medico e dal massaggiatore, ebbene io lasciavo cosi' il mio campo da gioco tra l'indifferenza generale (per fortuna, aggiungo).
Nello stesso istante, nel grande teatro Gosia lanciava la giarrettiera alle braccia tese verso l'alto dei giovani non sposati che saltavano all'unisono in uno slow-motion mentre la camera riprendeva al ralenty il volto di una donna e le sua urla di gioia e le mani che si avvicinavano l' un l' altra in un applauso rallentato poi all'improvviso gli applausi gli schiamazzi e poi la musica che riprende a suonare e tante grida confuse. Tutto questo me lo sono perso ma me lo posso immaginare.


martedì 15 luglio 2008

Proprieta' transitiva

E poi la traccia numero 3 ascoltata mentre si attendeva la proiezione del film al Cineforum. Il caso o la volonta' di qualcuno ha fatto si' che io mi ripresentassi, esattmente un anno dopo il debutto, al primo episodio della rassegna di quest'anno. Dopo 12 mesi, passati piu' in fretta degli ultimi 5, si ripetono le emozioni di un evento tutto sommato semplice ma emozionante tuttavia per il contenitore nel quale si sviluppa l'azione piu' che per il suo contenuto. E poi, dicevo, la traccia numero 3 e il mio pulpito che ancora una volta mi fa l'occhiolino appoggiandomi il cd nelle mani, naturalmente ha colto nel segno un'altra volta, con una musica che subito ama farsi ascoltare anche da me.
E la traccia tre che risuona e si adatta perfettamente al mio petto fin dal primo ascolto, estrema manifestazione di reciproco intersse, io che gia' dicevo ecco questa canzone la ascoltero' spesso. Pensavo questo, si’ pensavo proprio questo mentre filmavo lo schermo ancora bianco con il cellulare e poi la ripresa si allargava fino a riempire l'obiettivo con la luce pallida della luna in quella sera dei luglio con questa musica sullo sfondo, e l'ultimo fotogramma - impercettibilmente mosso - che quasi rivelava la mia distrazione, io che mi volto guardando il lettore cd come a chiedere a lui ma come si chiama questo gruppo? Allora il primo ascolto, poi il secondo e poi il terzo, e poi il mio metabolismo umorale che la fara' cambiare, la fara' accelerare e poi rallentare e poi di nuovo suonare piu' forte e poi piu' piano, nella mia testa.
E poi ancora una volta l'evento, l'istante, l'episodio associato al primo ascolto, che come il primo amore non si scorda mai.E il legame cazzo e' indissolubile, come i National sono legati nel mio cuore al viaggio in Asia, come gli Arcade Fire a quella sera d' estate del 2007, come i Postal Service a quella sera d' estate del 2007 ma qualche giorno prima degli Arcade.
E i dettagli, si', incredibile, non mi ricordo cosa ho fatto ieri, ma ricordo alla perfezione alcuni dettagli del Cineforum dell'anno precedente come la maglia (a righe orizzontali rosse e nere) che indossava un ragazzo simpatico che mi ha rivolto la parola senza che l'avessi mai visto prima, e poi la musica che suonava, ancora lei, che come il martelletto di una macchina da scrivere scolpisce brandelli di sinapsi nella mia testa, erano i Kill The Vultures che - ricordo - suonarono al Bronson qualche settimana prima senza di me e io ero ignaro della loro identita' musicale fino a che non chiesi al mio pulpito i responsabili di quella musica andata in onda poco prima de "Sbatti il mostro in prima pagina".
Giordano, l'ho rivisto proprio al Cineformun 12 mesi dopo che l'avevo visto con la maglia a righe nere e rosse e abbiamo fatto un'altra amabile chiacchierata come se ci conoscessimo da sempre. Credo che si chiami proprieta' transitiva: se due sono fratelli e tu diventi fratello di uno dei due allora automaticamente diventi fratello anche dell'altro...



sabato 7 giugno 2008

America

Dopo aver scoperto, per caso, di essere 11300 km di distanza da mio fratello (according to google earth) semplicemente perche' gli ho telefonato e l'ho sopreso a Chicago, dopo aver deciso che sarebbe ora che aggiornassi il mio trascurato blog e dopo aver assistito al mio primo concerto bahrenita, posso concludere affermando che ieri e' stata davvero una giornata particolare.
Risposi "certo!" al mio giovane collega che mi propose questo concerto (che si sarebbe tenuto nel club proprio sotto casa mia), senza nemmeno conoscere i gruppi. Anzi, a dirla tutta, la foto del flyer con questi tre negroni nella tipica posa hip-hop da "cazzo guardi?" - De La Soul - non e' che avesse fatto molta presa sulla mia sensibilita' musicale. Ecco, una cosa per cui pensavo che forse ne sarebbe valsa la pena fu invece il commento riportato sotto il primo dei 3 gruppi spalla - Skank Sinatra - che recitava "Imagine the cool vocal styling of Massive Attack meets Radiohead". A me sono bastate quelle tre parole con l'inizale in stampatello per convincermi, anche se nauralmente una immensa ombra di scetticismo ha accompagnato il mio gesto di appoggiare 14 dinari nelle mani del giovane collega per comprare il biglietto.
Ma parliamo del locale. Il Rock Bottom Cafe' e' proprio sotto casa mia. L'ho subito ribattezzato il Mio Piccolo Bronson del Mid East. Davvero me lo ricordava. Prima o poi allunghero' al gestore un cd fatto da me offrendomi di occupare la consolle, sciorinando la mia solida esperienza di giocatore di dischi (due pigiate del tasto play al Lucia, una all' Officina 49 e qualcuna di piu' a Cotignola a gennaio).
Comunque.
Gli Skak Sinatra non erano poi cosi' male, musica elettronica, un drummer che bacchettava su rullanti e charleston e tom in gomma nera, due giocatori di dischi ai lati e il cantante. Davvero ho riflettuto sull'evoluzione delle rock band, e mi e' venuta in mente l'immagine dei Fab Four in giacca e cravatta, ingellati, con la faccia da bravi ragazzi, ognuno con il proprio strumento (batteria, basso e chitarra). E qui invece... facevi fatica a capire chi era il responsabile di quale suono!
Poi i Mamas Gun, questi invece in tipica formazione da rock band. Suono da Maroon 5. Bravi e soprattutti capaci di scaldare il pubblico.
Poi The Beat che - scopro oggi - e' uno dei gruppo ska piu' rappresentativi (ne parla anche Wiki!). Questi si' che mi hanno fatto molleggiare sulle gambine.
Infine i De La Soul. Tre omacci negroidi due MC e uno dietro un tavolo con un produttore di suoni. American Hip Hop 100%. Non capivo un cacchio di quello che urlavano. Ma le facce erano davvero espressive. Pensavo che, musicalmente parlando, fossero la cosa piu' distante da me in assoluto. Non ho mai amato questo genere, rabbia rappata da gente vestita in quello strano modo, con bettettini da baseball cosi' storti sulle capocce che parevano li avessero incollati per farli stare fermi in quella posizione cosi' innaturale...
Pare comunque che i De La Soul rappresentino un punto di riferimento nella scena hip hop newyorkese, anche grazie alla collaborazione con Gorillaz, grazie alla quale sono stati grammati per il loro contributo in Feel Good Inc.
Finalmente torno ad ascoltare musica nuova!


martedì 18 marzo 2008

Lavoratori

Un giorno a caso, la scorsa settimana.
Come d’abitudine, sono i Coldplay a svegliarmi, con Beautiful World, giusto per ricordami ogni mattina che un’altra bellissima giornata ha inzio per me in questo incredibile mondo.
In 15 minuti scendo nella cucina della gesthouse e incontro Deepak, il maid della villa che mi elargisce il suo cordialissimo sorriso. As usual. Mi preparo la colazione e intanto scambio con lui due chiacchiere. Noto l’anello al dito. È in Bahrain da due anni e si è sposato da uno. Faccio un rapido calcolo cercando di destare i miei neuroni che in genere, a quest’ora fanno ancora la nanna.
Dunque la moglie, fresca di nozze, è a casa, in India, mentre lui è qui, chiuso in questa guesthouse 24 ore al giorno. Il venerdi’ sarebbe il suo giorno libero, ma lui rimane seduto in poltrona a guardare la tv. Forse tra qualche mese tornera’ in India per un po’ di vacanza. Mi aiuta a risistemare la cucina dopo la mia colazione. Mi congedo da lui, augurandgli una buona giornata. Anche se mi sembra una sorta di presa in giro...
Mi sistemo la cravatta mentre sono mi sono appena accomodato sul sedile del passeggero della Toyota Yaris (qui esiste solo la versione a 3 volumi, quindi piu’ grande di quella che circola in Europa).
Shudanshu sorride un po’ meno, è piu’ vecchio di Deepak, è chiaro. E certo parla molto meno. Chissa’ dove sta sua moglie, chissa’ se ha dei figli. Il suo inglese è sbiascicato, peggio di Abu dei Simpson. Per quello parlo meno volentieri con lui. Non sorride. Per quello ogni volta che gli devo chiedere se mi puo’ portare in giro per la citta’ dopo il lavoro mi mette in difficolta’. È perche’ non capisco mai come la prende...e il fatto che sia pagato per questo non mi fa sentire meglio.
Arriviamo sotto l’ Euro Tower, i nostri piedi pestano la sabbia che nel frattempo il vento da nord ovest ha portato fin qui, chissa’ da dove. Mi volto e vedo una macchina in sosta con un tergicristallo sollevato. Istintivamente mi avvicino per abbassarlo. Mentre alzo il braccio, noto che anche la macchina dietro presenta la stessa anomalia. Il grande punto interrogativo che mi si appena formato sopra la mia testa espode quando vedo un ragazzo che passa uno straccio bagnato sul lunotto della terza auto. Un secchio pieno di acqua vicino ai suoi piedi. Lui? Indiano. Il tergicritallo sollevato? Lui si è preso cura di quell’auto...
Il titolo in grassetto della mia prossima mail indica che la devo ancora leggere. La leggo. È il cost analyst che mi dice che la spiaggia n. 1 costera’, secondo il suo computo, 3.8 milioni di dinari bahreniti. Devo girare l’informazione al Client Representative, che si era tanto raccomandato di tenere il costo sotto i 4 milioni.... Speriamo che la claim presentata dal Contractor non superi i 200 mila dinari. Mentre sono concentrato a come impostare la prossima mail che spediro’, scorgo il braccio di Manoj che appoggia delicatamente la tazza di caffe’ sulla mia scrivania, rigorosamente sul basso e giallo blocchetto quadrato dei post-it (ha imparato vedendo che io ci appoggio sempre la tazza, per non fare rumore). Gli sorrido. Io dico thanks. Lui dice you are welcome, sir. Continuo a fissarlo mentre passa per le altre postazioni ad appoggiare tazze di the’ o di caffe’ su scrivanie non sue. Avra’ la mia eta’. Prendera’ un decimo del mio stipendio. Chissa’ come ci è finito qui, dalla lontana Kanpur, quasi 400 km sud est di Nuova Delhi. Forse come ci sono finiti tutti gli altri, mi rispondo subito.
Sono davanti questo monitor da un’ora. La mail al Cliente è partita. Nel frattempo ne sono arrivate altre 9. Domani ho una presentazione al Movenpick Hotel, devo impostare il powerpoint. Come cavolo si dice insabbiamento? Siltation.
Area-marina-soggetta-a-prelievo-di-sabbia-a-scopo-di-ripascimento? Borrow area.
Sono stanco, strizzo gli occhi. Mi volto verso la finestra per cercare conforto dalla vista sul cielo di Manama. Quello che vedo e' nella foto sopra.
Ora.
Io sapevo che negli Stati Uniti sono soliti utilizzare gli Indiani per costruire i grattacieli per via della loro rinomata dote di non soffire di vertigine... ma non credevo fossero QUESTI Indiani.....


venerdì 7 marzo 2008

La lingua italiana

Cari Amici Lettori,

a seguito del "Primo Rapporto dal Bahrain" inviato da Loaded a molti di voi, sono giunte qui in redazione numerose lettere con richieste di spiegazioni circa l'inusuale presenza di errori grammaticali e di sintassi presenti nel sopracitato testo.
Volentieri pubblichiamo una di queste lettere, assieme alla risposta del nostro Affezionatissimo, sperando che cio' possa contribuire a fare luce sul fatto.
La Redazione.

Caro Loaded...
mail arrivata e letta attentamente, mi pare che per il momento tutto proceda come prevedibile: curiosità per la nuova situazione, ambientazione graduale, confronto tra le due realtà così diverse che ti sei trovato a vivere nel giro di qualche giorno (la nostra e quella che c'è lì..), un sano pizzico di umorismo ed ironia ( e anche disincanto...)
Ti auguro un buon proseguimento di avventura!
Ah, domandina: il testo che ci hai mandato era un tantino sgrammaticato; lungi da me l'idea di fare il maestrino, solo mi chiedevo a cosa fosse dovuto, visto che sei sempre stato piuttosto attento nello scrivere! Fra le possibili cause che mi sono venute in mente:

- fretta di mettere giù le proprie impressioni senza badare troppo alla forma, usando un linguaggio da mail (plausibile);
- utilizzo quotidiano dell'inglese, e conseguente perdita di familiarità con la nostra lingua (ma forse è un po' presto);
- scelta di vita (visto che in questi ultimi anni hai rielaborato diverse componenti del tuo comportamento, magari anche la scelta di un linguaggio diverso rientra in questo processo...)

Una delle tre è buona o mi sto facendo dei viaggi pazzeschi?
Non ci perderò il sonno la notte, ma visto che siamo in confidenza mi piaceva l'idea di comunicarti un qualcosa che mi è subito saltato all'occhio.
Stammi bene!
Un salutone anche da Simona.
Andrea


Caro Andrea,
hai ragione! Ultimamente ho dei grossi problemi con la lingua italiana e dunque mi appresto a descriverti sommariamente il perche' di cotanta manchevolezza nell'arte epistolare. Premetto che delle tre sopracitate idee che la tua razio illuminata porta a supporto o meglio a spiegazione dell'annoso dilemma che a tutti i miei amici leva il sonno, due risultano veritiere e degne di essere considerate. Il terzo punto ahime' caro amico sono, a malincuore, costretto a bollarlo come puttanata.

Ma procediamo con ordine.


La fretta e' senza dubbio un fattore fondamentale da prendere in considerazione. La superficialita' che contrattistingue i tempi modermi porta, ahime', a volere tutto e subito, e dunque l'impeto nel trasmettere emozioni e sensazioni novelle a questo cuore determina una riplorevole attitudine all'errore di battitura.

Ma la maggiore componente di biasimo all'annoso comportamento risiede nella graduale perdita di dimestichezza nell'uso della nostra amata lingua natia dovuta senza dubbio alla crescente attitudine ad interagire con il mondo che mi circonda in un linguaggio estraneo ai miei canoni ma caro agli amici d'oltremanica.
Non vuole questa essere un mera giusticatio al mio enorme fallo (...), quanto una constatazione del fatto che mi avvantaggia non poco nelle relazioni interpersonali l'utilizzo della lingua internazionale. Cio' determina una graduale propensione al pensiero nella medesima lingua, sebbene io mi sorprenda a preferire ancora il cogitare italico a quello briannico, ahinoi. Medesime considerazioni sono da ritenersi valide per i viaggi che la mia mente elabora nel mio corpo addormentato nelle ore notturne.


Vorrei - e termino qui - inoltre evidenziare una nota tecnica come concausa per la mia manchevolezza, che ha origine nell'utilizzo di una tastiera mista inglese e araba, che determina confusione, inganno, smarrimento nella digitazione, e che porta a inserire e intromettere in semplici e innocenti vocaboli, caratteri grafici che non c'entrano proprio un cazzo.

Volgi, caro Amico, alla tua gentile consorte i miei piu' calorosi ossequi, mentre riserva per te una vigorosa e fraterna stretta di mano che dal Bahrain il tuo Amico ti manda.
Ciao!

Loaded

sabato 1 marzo 2008

Bahrain

Più viaggio e più mi rendo conto che quello che mi aspetto non è mai quello che trovo. Probabilmente il mio approccio al nuovo è intrinsicamente legato al mio immaginario che possedevo da bamibino, quando lo sconosciuto signicava lo strambo, il diverso, il bizzarro, lo stucchevole, l'ammirevole. Vale a dire pensare che il mio mondo, le mie esigenze, le mie emozioni, le mie aspirazioni, i miei sogni erano i miei e di nessun altro, non esisteva proprio qualcuno che fosse, in definitiva, come me.
Ed è così che quando viaggi non vedi l'ora di raccontare ai tuoi amici le cose strane che hai visto.
Il Bahrain non e' come me lo immaginavo, appunto, e quindi lo trovo un luogo dove le persone hanno le stesse esigenze che in qualsiasi altra parte del mondo. E io scopro che potrebbero mandarmi nel luogo piu' remoto del pianeta, e io riuscirei tranquillamente ad integrarmi, a trovare i miei spazi, a interagire con tutti. Mi sorprende la mia capacita' di adattamento. Ecco, forse, viaggiando, la capacita' di adattamento e' la vera, ammirevole, sorpresa.


giovedì 31 gennaio 2008

Il Bacio di Giuda

Questo sarà con ogni probabilità il mio ultimo post concepito e dattiloscritto su suolo italico per un bel po’ di tempo. I miei pensieri schizzano tra le sinapsi del mio cervello in questo momento e così li trascrivo. Domani partirò per il Bahrain, per circa due anni. Passerò per Londra a trovare il fratello e a salutare alcuni amici. Prevedo una sbronza colossale all’ Hide Bar close to Tower Bridge, luogo deputato ai festeggiamenti. Poi sabato sera volo da Heathrow e domenica mattina a Manama leggerò il mio nome su di una tavoletta tenuta in mando da un autista (sto passando le ultime ore ad immaginarmi l’aspetto di questo autista…). Penso al fatto che non sarò mai pronto a fare la valigia, è una di quelle cose che proprio non ce la faccio, se non se non poche ore prima di ogni partenza. I cd? Cacchio, non posso portarmi 30 chili di cd! Vai con la musica liquida.Penso a chi ha avuto il coraggio di chiudere un bel blog che è stato per 12 mesi un mio riferimento nell’etere dell’informazione eccessiva, sovrabbondante e – spesso - inutile. Penso a chi è partito poco prima di me, un collega che se la passerà per qualche mese ma poi tornerà (forse). Penso a quelli che sono partiti prima di me e a quelli che partiranno dopo di me. Penso alle persone che non vedevo da tanto tempo e che questa partenza ha contribuito a rivedere. Penso a coloro che mi hanno mandato un piccolo messaggio di solidarietà, a chi mi ha spronato, a chi mi ha regalato una bussola per trovare la strada di casa...grazie.
Penso alle nuove persone che ho avuto il piacere di conoscere, agli happy hour al mare che mi mancheranno, alle feste che mi perderò, alla bella musica che ho imparato ad apprezzare negli ultimi anni. Penso che questo blog possa rinascere sotto nuove spoglie, rafforzato da emozioni, sentimenti e situazioni nuove.