sabato 18 luglio 2009

The Dalton Brothers

A me ricordano i fratelli Dalton. Quelli del fumetto Luky Luke. C'e' quello altissimo e magrissimo, quieto, tranquillo, silenzioso e pacifico. C'e' il tappo, un po' piu' irruento, spigoloso, meno sorridente, quello che dirige la baracca. In mezzo ci sono altre due figure intermedie. In realta' e' difficile parlare di irruenza, dato che rarissimamente ho trovato, in queste persone cosi' come in altre del medesimo ceppo, segni evidenza di aggressivita'.
Ci sono davanti a me 3 poltroncine. Le tre poltroncine sono rosse, ma sono differenti per modello. Chiaramente sono state acquistate, usate e a buon mercato, da un rigattiere bahrenita, e poi piazzate li', perfettamente allineate. Uno straccio e via. C'e' una seconda stanza di fianco, dove mi immagino una quarta poltroncina rossa.
Mi accomodo sulla postazione centrale.
"Hair and beard trim please."
"Yes, Sir."
Appoggio i miei inseparabili occhiali da sole sul bancone, spengo il cellulare. Mi riappoggio allo schienale e mi fisso nei miei miei stessi occhi attraverso lo specchio di fronte a me, quasi a volermi scrutare dentro.
La macchinetta e' accesa e sento il suo ronzio intorno alla mia nuca. Le prime ciocche di capelli inziano a scivolare sul mantello nel quale sono stato accuratamente avvolto.
Penso alla prima volta che mio Padre mi porto' in un posto come questo. Ricordo la mia eccitazione - avro' avuto 11 anni - dato che fino a quel momento era lui ad occuparsi in genere della faccenda. Io felice perche' finalmente non dovevo subire quella che per me era spesso una tortura. Ero sempre impaziente, dovevo stare fermo, non vedevo quello che mi succedeva finche' non mi veniva fornito uno specchio e il risultato era sempre per me scadente.
Quello che si occupa di me ora e' lo smilzo. Alto, sorridente. Pacifico. Sul suo camice bianco e' ricamato "Gentlemen Salon". Le sue braccia sono troppo lunghe per le maniche del grembiule e quindi sporgono come a Patch Adams.
Ora sento le forbici sfettolare vicino alle mie recchie. La tivvu', nell'angolo in alto a sinistra, e' accesa come sempre e, come al solito, un Bollywood Production movie sta andando in onda. Lo smilzo ongi tanto lancia una occhiata allo schermo, sorride alle battute del film, poi si riconcentra sulla mia capoccia. Durante questa brevissima pausa continua a tagliare l'aria con le forbici ripetutamente, come a cercare di camuffare la micro pausa.
Spesso si parlano tra di loro. Il loro linguaggio e' pieno zeppo di erre pronunciate in maniera netta. Muovono la testa in una maniera buffissima.
"Salam aleykum."
"Aleykum al salam."
Un altro cliente e' entrato e si siede sul divanetto in attesa.
Parlano arabo benissimo. Intrattengono brevi ma intesi scambi con i locali. Nella maggior parte dei casi succede cosi'. L'arabo parcheggia sua gigante auto in seconda fila esattamente di fronte al locale. Entra, saluta e chiede quanto tempo ci vuole per il suo turno. Loro rispondono. Lui allora dice che e' assolutamente troppo, io devo solo farmi una spuntatina, dovete essere piu' veloci. Loro dicono ci dispiace ci sono altri clienti e ci vorra' ancora almeno mezz'ora. Lui allora dice Balle saro' qui tra venti minuti. Esce, sale sul macchinone e sgomma. Questo e' il dialogo tipo che io mi immagino.
Comunque.
Le dita dello smilzo ora mi spalmano la crema da barba sul volto. In generale la mia reazione istintiva nei contronti uno sconosciuto (particolarmente se e' un uomo) che mette le sue mani sulla mia faccia e' quanto meno di ribrezzo. Chissa' quanti volti le sue dita avranno toccato. Volti di bahreniti, di sauditi. Di kuwaitiani, di omaniti. Americani, indiani, filippini, pakistani. Chissa' quanti italiani, forse io sono l'unico. Non che la cosa faccia molta differenza, comunque.
E invece non provo nessuna sensazione avversa. Mi lascio andare, lascio che lui si prenda cura di me e che le sue dita mi scivolino sul volto. Non credo che nessuno sia mai morto per questo. E io di certo non ancora.
Chiudo gli occhi mentre il rasoio modello america anni 50 mi gratta la barba.
Sugli scaffali c'e' una pletora di scatole di prodotti per la toletta. Chissa' se c'e' davvero qualcosa dentro. L'unico marchio che riconosco e' la crema Nivea. Le altre scatole pubblicizzano marche sconosciute per trimmer, lozioni per capelli, lacche, gel, fazzolettini, balsami, creme da barba, creme dopobarba, tinture per capelli.
L'odore nell'aria e' quello di prodotti detergenti a buon mercato, quelli che potresti trovare un un discount. Palesemente finti.
Il rasoio viene appoggito sul bancone. Il volto mi viene ora pulito. Acqua viene nebulizzata sui miei capelli. Ora inizia il massaggio all testa. Dopo il massaggio alla testa c'e' il massaggio alle spalle alle braccia. Certo non e' il massaggio che usavo farmi fare in Thailandia o in Laos, ma non e' che ci possiamo lamentare.
"OK, Sir?"
"OK, thank you."
Mi alzo dalla poltroncina dopo questi 20 minuti di puro relax e di osservazione di questo piccolo mondo.
Appoggio nelle mani dello smilzo 2 Dinari (4 euro).
Apro la porta e saluto.
"Ma salam."

6 commenti:

Anonimo ha detto...

invidia pura!
e un plauso sconsiderato al tuo racconto!
ho sempre sognato una toeletta di matrice araba: uno di quei sogni di bambino di 40 anni!
un poco me l'hai restituita, te ne ringrazio!
a presto,
borguez

Anonimo ha detto...

uno spaccato di vita bahrenita descritto con complicita'....
ma un giorno tornerai a casa?
mrcharged

.loaded. ha detto...

Caro Borguez, so che potrebbe apparire azzardato, ma il tuo sogno potrebbe divenire realta' se solo tu lo volessi!
Caro Mr Charged, dovremmo prima accordarci sul significato del termine casa :-)
E' da mesi che rifletto su cosa sia "casa" per me...
Gratificanti assai giungono i commenti dopo mesi di mia assenza, che parevano presagire una mia completa disfatta sul fronte blogemozionale.
Ci vedremo, forse, ad agosto, inshalla...

.loaded. ha detto...

Ups, I did it again :-) Last cut before holidays!

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...
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