venerdì 22 giugno 2007

The chemical beat

Il chemical beat è quello che senti dentro, all’altezza del petto, quando hai davanti due torri di altoparlanti che ti sparano dei bassi così profondi che ti tremano i peli della braccia. A differenza del precedente concerto nel capoluogo lombardo, questa esibizione dei Chemical Brothers – 15 giugno 2007 - è stato davvero uno spettacolo. Mi ero spesso chiesto che spettacolo potesse mai essere vedere due ragazzi che su un palco enorme pigiano tasti qua e là, dietro ad una consolle e davanti ad un armadio pieno di spie luccicanti di cui non disponeva neanche il Comandante Spock in Star Trek. Ebbene ora posso dire che i principali motivi sono: 1) un posto dove fanno 2 ore e mezza di chemical muzik non lo trovi con facilità 2) un posto dove ci sono 5000 persone che ballano tutte quante come in una colossale discoteca all’aperto è per me una novità 3) i pirotecnici e folkloristici movies che scorrevano sullo schermo gigante alle spalle del brit-duo avevano un effetto ipnotico che non ho avuto bisogno di altro per stordirmi… 4) non so cosa scrivere al punto 4.
E poco importa se durante la giornata un temporale aveva fatto sì che il prato dell’ Idroscalo fosse quasi un pantano, tanto che dopo 10 minuti di salti smodati, sulle scarpe si fosse incollato tanto fango che i piedi mi pesavano 5 chili più del normale…. a me bastava guardare quei due sul palco – che per me erano Alex e Franz d’oltre manica…davvero sembravano loro! – per sorridere e ricominciare a muovere l’anca e tutto quello che c’è attaccato. A tratti facevo fatica a vederli, a dire il vero… le basse frequenze mi entravano dentro e facevano andare in risonanza le mie retine, per cui vedevo tutto come se fossi stato preso da un delirium tremens… altro che storie, la nuova droga si chiama subwoofer.
Comunque. La cosa che mi colpito più di tutte è stata di sicuro questa: alla fine del concerto sul maxi schermo appare una scritta che dice LOVE IS ALL.
Ora.
In condizioni normali avrei pensato, oh che carini, l’amore è tutto, sissì, è vero, chebbello, bravi bravi bravi.
Ma.
Io non sono in condizioni normali. Ora. Per cui quella frase l’ho metabolizzata. La parola amore è sul maxischermo. L’amore è sul palco. L’amore è in quelle scarpe appesantite dal fango l’amore è la musica elettronica l’amore è il cielo stellato di quella e di una qualsiasi altra serata. L’amore è tutto. Ed è dappertutto. Solo che a volte non si vede, si traveste, si camuffa, si prende gioco di noi. In realtà c’è, è lì che ci guarda, ci osserva. Poi a volte si fa avanti, a volte no, certe volte a te sembra un’ altra cosa, ma in realtà è lui. Sembra che non lo vogliamo, ma ne abbiamo bisogno, lo evitiamo, spesso, ma ne siamo dipendenti. Serve, funziona, si sta meglio, anche se a volte sembra che faccia male.
Ma.
C’è qualcuno che sa dirmi cos’è? Non chiedo tanto... solo che qualcuno mi si avvicini e me lo spieghi...che mi faccia degli esempi... che mi faccia capire l’effetto che ha, anche se so già che è impossibile. Eppure basterebbe così poco…. basterebbe lasciarsi prendere. Ma questa è un’altra storia.

3 commenti:

Ale ha detto...

ahime' loaded... hai toccato un tema difficile.
fortunati quelli che sanno cos'e': gli altri vivono nell'invidia e nella speranza di lasciarsi prendere, un giorno.

probabilmente il concerto e' stato un esempio di cos'e'.

Maud ha detto...

ohi ohi, sofferenza...

.loaded. ha detto...

Sì, lo so, detta così è abbastanza drammatica la situazione... in realtà volevo semplicemente trasmettere la presenza continua ed assoluta di questo concetto (in contesti che - solo all'apparenza - non lo riguardano), del quale sto lentamente scoprendo l'importanza.
Mi viene in mente questa massima letta chissà dove: "il vero viaggio non è vedere nuovi luoghi, ma vedere con nuovi occhi"...